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Teatro Selvatico

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Nella natura selvaggia sta la salvezza del mondo” Henry David Thoreau: “Walking”, 1851

 

Il Teatro Selvatico si interfaccia con l’ambiente naturale. Non è un Teatro preconfezionato, pensato per il palco di tradizione, in cui gli elementi scenografici (o la loro assenza) le luci, le musiche sono oggetti fondanti di una comunicazione che a partire dalla recitazione degli attori, dalle trame che il regista mette in campo, da tutti i supporti tecnici e scenografici si intermedia con un pubblico che recepisce, e reinterpreta. Il Teatro Selvatico, invece,  mette sullo stesso piano attori e spettatori, nella gestione e suggestione dello spazio naturale. Gli alberi, i cespugli, i fiori, l’aria, il cielo e  la luna intrattengono con le presenze umane una relazione unica, irripetibile, pregna di poesia e di fascinazione.

Il Teatro Selvatico è...

…un teatro capace di suscitare sensazioni ed emozioni. La natura coglie lo spettatore, lo spettacolo lo stimola a stare in ascolto.

…un teatro che sollecita la dimensione poetica e la fantasia, cosi’ importante soprattutto se i fruitori sono i ragazzi

… che crea occasione di condivisione tra gli uomini

…che valorizza la cultura e il passato quando porta sulla scena l’opera dei letterati, filosofi e più in generale uomini di cultura, che si sono i spirati agli ambienti naturali

…che alimenta esperienze, conoscenze, e nozioni vissute

…che sollecita attenzione verso la ricchezza che ci viene dagli ambienti naturali e sollecita la fruizione degli spazi aperti

 
Il Teatro Selvatico è alla Selva, la Domenica.
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La filosofia del Teatro Selvatico

 

Esistono più cose tra la terra e il cielo di quante la tua filosofia possa comprendere” …scriveva qualcuno più o meno così qualche secolo fa.

Tutto parla, dentro e fuori di noi. Vorrebbe comunicare con noi, ma non ci riesce almeno fino a quando non smettiamo di parlare.

Tutto si spiega, si svela.

Ma riusciamo a coglierlo quando ci fermiamo e facciamo silenzio.

Il teatro e soprattutto il teatro fatto all’aperto ci aiuta a metterci in con-tatto con quelle storie che sono già dentro le cose.

Ma sono storie che non vanno solo narrate e ascoltate, perché hanno la stessa funzione del dito del saggio quando indica la Luna: pochi sono quelli che vedono davvero quello che indica il dito, e ancora meno quelli che vedono il sole….nella sua luce riflessa. E quanti sono quelli che sanno meravigliarsi e comprendere tutto questo gioco misterioso di rimandi? E che, anche a occhi chiusi, sanno vedere e gustare in tutto questo spettacolo nient’altro che la risposta del sole nero che portano in seno? E comprendono che anche se vedono solo il dito, o la luna o addirittura il sole è grazie all’occhio, questo specchio attraverso il quale l’anima parla al mondo e viceversa?

 Il nostro teatro non ha altra funzione se non quella di stimolare la forza dell’immaginazione dello spettatore. Non vuole spiegare e neppure de-finire.…così come nella materia l’opera è già presente  e bisogna solo togliere il superfluo, così nelle cose dello spirito l’arte va scoperta, bisogna togliere intorno all’i-DEA tutti gli inutili orpelli che solo una mente che ignora è stata capace di cucirgli addosso.

Può una ghianda raccontare la storia plurisecolare della quercia che conserva in Se-me? Ma la nostra fantasia si.

“Lo spettatore che va a teatro deve poter completare con la fantasia quanto rimane inespresso” Così si esprime Meyerhold e gli fa eco Schopenauer: “Stimolare la fantasia è la condizione necessaria di un atto estetico. Ne deriva che un opera d’arte non deve dare tutto ai nostri sensi, ma solo quel tanto che serve per orientare la fantasia nella giusta direzione, lasciandole l’ultima parola”. Completa il concetto Tolstoi: “Molte cose possono rimanere parzialmente inespresse, lo spettatore le completerà da sé e talvolta, proprio per questo, la sua illusione sarà maggiore, ma dire qualcosa di troppo equivale a far crollare, con una spinta, una statua formata da tanti pezzetti, o togliere la lampada dalla lanterna magica.” (Giovanni Zurzolo)

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